Se mentre si è comodamente sdraiati sulla spiaggia di Tzampika, si alzano gli occhi verso il promontorio a nord dell’isola, tra gli alberi è possibile intravedere una piccola costruzione bianca.
Si tratta del monastero di Tsampika o Tsambika.
La storia della Madonna di Tsampika è piuttosto affascinante e ho avuto modo di conoscerla da voci diverse nel corso degli anni.
La leggenda narra di un pastore che una notte notò una luce, meglio, una scintilla in cima alla collina. Incuriosito scalò il colle trovandovi l’icona della Madonna.
Informati i compaesani, questi tentarono più volte di spostare la piccola icona, in un luogo più consono, ma notte tempo questa tornava miracolosamente in cima al colle. Pare che l’immagine provenisse da Cipro, ma a quanto pareva aveva deciso che sarebbe rimasta a Rodi e in quel punto specifico.
Rassegnati all’idea che l’icona dovesse rimanere in cima alla collina, a circa 340m sul livello del mare, venne deciso di costruire nel luogo di ritrovamento, un piccolo santuario in cui conservare l’immagine sacra, che si sarebbe rivelata miracolosa, per diventare meta di pellegrinaggio.
Ben presto le donne di Rodi che non riuscivano ad avere figli, iniziarono a percorrere scalze i 297 gradini che le avrebbero portate al santuario, chiedendo la grazia di un bambino.
Chi ha effettuato il pellegrinaggio ha la possibilità di chiamare il proprio figlio Tsampika, in caso di femmina, o Tsampico, se nasce un maschietto.
Io stessa ho avuto modo di parlare con una donna adulta, che vive a Rodi e che porta il nome, appunto, di Tsampika.
Nel corso del tempo, l’icona è stata spostata in un santuario più a valle e raggiungibile con la macchina, chiamato Panagia Tsambika lasciando la chiesa arroccata sul colle al solo pellegrinaggio dell’ 8 dicembre.
Per un certo periodo la chiesa raggiungibile dalla gradinata era poco più di una stanzina imbiancata con immagini sacre e candele di sego. La terrazza che si affaccia sul mare vicino era assai poco sicura e solo alcuni temerari si arrampicavano tra gli alberi e le capre per raggiungere il santuario.
Negli ultimi anni, grazie probabilmente anche all’avvento del turismo russo e quindi ortodosso, Tsambika ha ripreso fama e vigore.
I gradini della scala sono sempre stati tenuti in ottime condizioni, ma la terrazza sul mare è stata ampliata, la ringhiera rinnovata e alcuni punti messi in sicurezza. Il cubo bianco che conteneva l’icona è stato preceduto da una costruzione con una tettoia e un pavimento a mosaico.
L’interno, dove sono conservate le icone, è sempre molto buio, per invogliare alla riflessione, e parte del contrasto è dovuto anche alla luce accecante del sole che cade a picco sulla cima del colle.
Candele di sego, gialle e sottili, bruciano incessantemente davanti alle immagini sacre che, secondo la tradizione ortodossa, sono degne di venerazione da parte dei fedeli
Intorno al promontorio si stende la distesa del mare Egeo e in basso le spiagge di sabbia attrezzate con ombrelloni. Verso l’entroterra la natura è verde e indipendente come in buona parte dell’isola.
La vista vale davvero la pena e il vento rende piacevole anche l’ascesa
Trattandosi di una chiesa e di un santuario, in linea teorica sarebbe consigliabile avere spalle e ginocchia coperte. Ho visto anche una giovane ragazza russa mettersi un velo di pizzo in testa per avvicinarsi all’icona e pregare.
Non è necessario ricorrere a tanto, anche perché per raggiungere il monastero è prevista comunque una discreta camminata.
Si consiglia però un abbigliamento non troppo marittimo e soprattutto rispetto per il luogo evitando schiamazzi e cellulari a tutto volume.
Le scale sono facili da percorrere e non c’è bisogno di scarpe particolari.
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